Romanzo noir e “memoria”

Sono diversi anni che mi sono appassionato al genere, e, al di là del mettere la frase di rito sul riferimento alle persone cose e fatti assolutamente casuali e non voluti, alcuni autori sono stati molto bravi nel contestualizzare le loro storie, facendo riaffiorare situazioni e storie che hanno caratterizzato in modo sicuramente incisivo la storia stessa del nostro paese.
Non si tratta semplicemente di ricollocare storicamente l’agire dei protagonisti dei nostri romanzi, come lo fa egregiamente De Giovanni col suo protagonista Ricciardi, ma rievocando verosimili avvenimenti facendo tesoro della tradizione orale e di qualche memoria raccolta proprio per non disperdere una storia che è la nostra storia.

Parlando di gialli eviterò di rivelare pezzi della storia, ma racconterò di autori e peculiarità dei protagonisti o della storia in chiave “memoria”.
Forse il primo (come ordine di lettura), sicuramente quello a cui sono più legato per luogo della narrazione per affetto nei confronti dell’autore e le fonti alle quali ha attinto per costruire la storia è “Rossoamaro” di Bruno Morchio. L’investigatore Bacci Pagano in questa storia, si muove tra i resistenti di Sestri Ponente, tra gli operai del Fossati e nelle vicende che portarono all’attentato al cinema Odeon con la conseguente rappresaglia e l’eccidio di partigiani e detenuti politici al Passo dell Turchino.

Sono gli argini del Po, le aree golenali e le notti nebbiose i protagonisti del romanzo di Valerio Varesi “La casa del comandante”, dove il Comandante è Libero Manotti , capo Partigiano che sul grande Fiume agiva negli anni della Resistenza e ad investigare è il commissario Soneri.
“La Sentenza”, sempre di Varesi, non è un noir, ma un confronto tra personalità diverse dove la scelta partigiana diventa elemento di riscatto morale e personale.

Antonio Fusco è stato per me un’autentica rivelazione e con una bellissima ricostruzione mette insieme nella “La pietà dell’acqua” situazioni reali per una storia di fantasia. In verità sono solo i nomi di fantasia, perché il lago è identificabile con quello di Vagli, che prosciugato ogni 10 anni per la pulizia, diventa attrazione turistica per le visite proprio al paese sommerso, La strage è quella di Caiazzo, dove la storia viene documentata e portata alla luce da un giornalista, e l’epilogo è in quello che è stato rinominato “l’armadio della vergogna” per gli occultamenti, i depistaggi le connivenze per non voler fare giustizia delle migliaia di vittime delle armate tedesche e dei loro complici i repubblichini di Salò.

Daniele Cambiaso è riuscito ad entusiasmarmi, alcuni anni fa, con “Ombre sul Rex”, dove l’indagine ruota intorno ai giorni del varo del Rex nel cantiere di Sestri Ponente. Magistrale il dialogo tra il funzionario della squadra politica della questura di Genova e l’operaio Amedeo Traverso, antifascista incrollabile che spiega in poche righe il significato dell’”Aristocrazia Operaia” durante il fascismo. Quel ruolo che ha consentito ad una città come Genova di ritrovarsi porto e aziende non devastate o saccheggiate dai nazisti in fuga. Non un miracolo ma una forte determinazione di tutto il movimento operaio e resistenziale genovese. Cambiaso anche in “la logica del Burattinaio”scritto insieme a Rino Casazza trova modo di inserirsi in quelle che furono vicende criminali in quel di La Spezia, con il protagonista legato all’ambiente della X MAS.


Armando d’Amaro, merita un discorso a parte, quando il “noir” è ai giorni nostri, con all’origine fatti del periodo della Resistenza, come nel romanzo “La Controbanda”, protagonista il maresciallo Corradi, in cui si racconta del gruppo della Divisione Fanteria di Marina “San Marco” dell’Esercito Nazionale Repubblicano, impegnato in attività antipartigiane nella zona di Calice Ligure, dove nel novembre 1944 trucidò 7 partigiani.
Altro piano è quando l’ambientazione è interamente calata durante il ventennio come nel caso dei romanzi con protagonista il Commissario Boccadoro. D’Amaro dimostra al di la delle vicende di indagine una accurata ricerca di quelli che furono i costumi e i vizi del regime. In tutti e due i casi, la narrazione storica e la ricostruzione storica diventano strumento per fare memoria.

Chiudo citando due autrici particolarmente brave. Maria Masella, col suo Commissario Mariani, della cui madre Emma, pur restia a raccontare, emerge un passato di staffetta partigiana durante la Resistenza.  Nel suo ultimo romanzo con protagonista Mariani “Le ferite del passato” inoltre, delinea lo sfondo di quelle che nel 1938 furono le leggi razziali, il dramma successivo degli sfollati e la decimazione, quando addirittura non fu la scomparsa di intere famiglie di origini ebraiche nei rastrellamenti e nelle deportazioni verso i campi di sterminio. Il tutto, cercando i riscontri storici che danno credibilità alla storia stessa



L’altra autrice, Maria Teresa Valle, col suo ultimo personaggio, il becchino, nel romanzo “Il Mandante” riesce a raccontarci anche del “dopo”, della fuga dei nazisti ricercati attraverso il porto di Genova, con la copertura di Croce Rossa, curia e complicità politiche. Un disarmante racconto già articolato da altri autori, ma non per questo secondo a nessuno.

Per raccontare cosa rappresentò per alcune realtà e famiglie la guerra e la Resistenza, Maria Teresa Valle, si affida ad un romanzo dal titolo innocente: “L’eredità di zia Evelina”con protagonista Maria Viani, Biologa, “serial” detective, come la definisce la Valle stessa.
Credo che l’essenza di questo libro lo si trova in un carteggio tra la moglie (zia Evelina) e il marito al fronte, convinto fascista. In una di queste lettere, la zia Evelina scrive al marito così:
“E no, mio caro Giovanni. Tu non sai quanto stai sbagliando! Se fossi qui ti meraviglieresti nel vedere quante donne hanno preso il posto degli uomini nelle fabbriche e in ogni luogo di lavoro. Il tuo fanatismo non ti fa ragionare. Come avremmo potuto noi andare avanti? La maggior parte degli uomini validi è a combattere questa guerra insensata. Tanti sono morti. Altri feriti o mutilati. Ci sono solo vecchi e bambini. Abbiamo dovuto imparare a sostituirvi, ad essere come voi e, sai cosa ti dico? Abbiamo scoperto che siamo brave quanto voi. Abbiamo coraggio, saggezza e competenza. Siamo adatte a fare praticamente tutto quello che fate voi. Ora che abbiamo capito che siamo capaci di vivere e lavorare, e mandare avanti la famiglia anche da sole, non vorremo più tornare dietro ai fornelli ad obbedire ad un marito padrone. Vi aspetta una sorpresa al vostro ritorno. Ci troverete cambiate. Non sarà più tanto facile alzare la bacchetta del comando su di noi. Non potrete più fare la voce grossa, rivendicando il diritto di chi porta i soldi a casa. Lo sappiamo fare anche noi. Lo possiamo fare anche noi”.
Essere riuscita in poche righe a riassumere il ruolo della donna durante la seconda guerra mondiale, la rilevanza sociale delle donne e le aspettative sulle quali si baseranno le lotte per i diritti, fa della Valle una lungimirante testimone del nostro tempo e un significativo esempio di come poter fare memoria affidandosi alla scrittura di un romanzo

Fare memoria non necessita in assoluto di grossi tomi dove vengono riportate giustamente le verità storiche sulle quali misurarsi. Un bravo autore riesce a raccontare storie partendo anche da pochi riferimenti, ma senza mai abbandonare quella che fu la morale di quella storia che si chiamò antifascismo e Resistenza.

Loris

ps. Tutti i romanzi citati sono stati da me letti, degli stessi autori ho letto anche altri romanzi e sicuramente nel scrivere questo post avrò dimenticato qualche autore o qualche romanzo. Me ne scuso anticipatamente e ringrazio chi me lo volesse segnalare. Magari con un altro post, o con una discussione più ampia possibile potremo colmare le lacune.

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