Genova, quei valori violati in Piazza Matteotti

E’, con non poca amarezza che mi sono allontanato da Piazza Matteotti dove era stato consumato l’atto conclusivo delle celebrazioni del 25 Aprile del capoluogo ligure. La volontà di ritrovarsi insieme da parte degli antifascisti genovesi, dopo due anni di commemorazioni imposte dal distanziamento, dei sacrari vuoti, dell’impossibilità di toccare i marmi e le pietre dove la memoria scolpita è la storia dei nostri giovani di ieri, ha dovuto scontrarsi con due situazioni che con chi dal 1945 ad oggi, pur nelle asperità del dibattito politico post-bellico, non si erano mai manifestate. La prima è stata la miserabile farsa messa in atto dai sostenitori di un tal Crucioli, che paladino antisistema insieme a quello che presumo sarà il suo corpo elettorale ha contestato sistematicamente la manifestazione in Piazza Matteotti, contrapponendosi sistematicamente al resto della piazza. Curiosa è stata la gestione dell’ordine pubblico, in presenza tra l’altro del Prefetto, che a pochi mesi dall’assalto della CGIL a Roma, non ha sentito la necessità di arginare una simile vergogna, considerando anche l’analoga provenienza antisistema dei fatti romani. Che la manifestazione fosse “a rischio” non era una novità, visto le ripetute prese di posizione del Presidente Toti che ha preteso indegnamente di dare patenti di legittimità su chi era a suo parere degno o meno a commemorare il 25 aprile, partendo dai tragici fatti che investono la terra Ucraina. Ovviamente non può essere questo che legittima la indegna gazzarra. La seconda situazione imbarazzante per usare un eufemismo è “l’arbitrarietà” del linguaggio usato da Toti e Bucci. L’arbitrarietà consiste nel fatto che non esiste un vincolo naturale tra significante e significato di un segno linguistico. Lor signori scientificamente in circa 6.40 minuti di intervento sono riusciti a non legare al 25 aprile due parole fondamentali della giornata: Antifascismo e Resistenza. Come prendere ad esempio un sacerdote che celebra la messa di mezzanotte a Natale, senza menzionare Gesù o il significato della sua nascita.
Tra il disturbo delle voci degli antisistema e le parole taciute dalle istituzioni, la differenza è poca roba. Anzi, chi urlava non voleva fare sentire agli altri cosa veniva detto, non dire le parole vuol dire negare la possibilità che una memoria dei Valori fondanti la nostra Repubblica e che ha consentito la scrittura della nostra Costituzione venga conosciuta e tramandata.
La gravità sta nel fatto che non sono due persone o due “politici” a compiere questa operazione già di per sé di basso livello, ma sono in quel preciso momento i rappresentanti delle istituzioni nate dalla Resistenza Antifascista.
Loris

6 minuti e 40 secondi per un 25 aprile senza Antifascismo e senza Resistenza

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